Ricordi di John Pierrakos

Seduto su un muretto, al tramonto, davanti al mare, John Pierrakos osserva l’orizzonte con il suo sguardo attento: controlla l’orologio, scrive dei brevi appunti. Teddy mi spiega che sta osservando i campi energetici del mare, misurandone le pulsazioni.

Poi, dopo qualche tempo, lascia il suo punto di osservazione, raccoglie il pallone dei miei bambini e ci sfida ad una partita di pallavolo sulla spiaggia. Corre, salta, non si risparmia certo, anche nel gioco come nel lavoro è entusiasta ed instancabile. Dopo una partita sfrenata, tutti in acqua. E il sole è già tramontato da un pezzo.

Alla sera, sulla terrazza, sotto un cielo spettacolare, davanti a un panorama che fa vibrare il cuore John parla, tra una risata e un sorso di buon vino. Parla di cose per me strane, ma affascinanti: energia, aura, forze spirituali, blocchi energetici. Racconta di come questi blocchi si formino nella primissima infanzia ed impediscano il fluire dell’energia. Chiama vicino a noi il mio bambino di un anno e ci mostra come nel cucciolo d’uomo il corpo sia libero da qualsiasi blocco, naturalmente agile e flessibile e come anche le emozioni siano immediate ed immediatamente espresse. Il piccolo infatti si divincola e

corre via

.

Spiega che intorno ad ogni uomo, come pure intorno agli animali, alle piante, ai fiori, ad ogni organismo vivente c’è un campo energetico che si può imparare a vedere, basta esercitarsi. Questo campo energetico è pulsante e cambia colore ed è quindi in grado di dare informazioni sullo stato fisico ed emozionale delle persone. Parla delle sue esperienze con Reich, con Lowen e quelle, più recenti, con Barbara Brennan, prima sua allieva e poi collaboratrice con la quale ha lavorato a lungo, lui medico lei fisico, alla comprensione dei campi energetici. Discute a lungo con mio marito e con Teddy – il primo chirurgo con interessi per la medicina olistica, il secondo psicoterapeuta, allievo, amico personale e ora anche ospite di John e nostro- del concetto di salute, malattia, guarigione. John dice che non è il medico che cura, il terapeuta può aiutare ed assistere il malato, ma la cura vera viene da noi stessi. Ripeto una frase di Voltaire che fa arrabbiare i colleghi di mio marito: “ l’arte della medicina consiste nell’intrattenere il malato mentre la natura cura il male” . A John piace molto e ride divertito, probabilmente anche per la mia pessima traduzione in inglese.

John ci spiega che ogni malattia del corpo è un chiaro avviso del fatto che nell’anima si sta combattendo un durissimo conflitto. Con il passare degli anni il conflitto si estende alla psiche e, se non compreso e risolto, si estende al corpo.

Per questo ci ammaliamo e per questo anche se guariamo da una malattia anzi, dai sintomi di una malattia, poi inevitabilmente ricadiamo in qualche altro malanno. Quindi ogni malattia, ogni crisi è una grande opportunità per l’essere umano di comprendere e superare i propri conflitti interiori e quindi di evolvere.

Quando una persona è ammalata il suo campo energetico è ridotto e di colore scuro: quando esprime le proprie emozioni: la paura, la rabbia, la collera, il dolore l’energia ricomincia a fluire e a pulsare.

E’ la manifestazione e la conferma che la malattia è provocata dalla repressione delle nostre emozioni: se le reprimiamo continuano ad esistere comunque dentro di noi e creano il conflitto che produce la malattia.

Rapita dai discorsi che si stanno intrecciando ho lasciato passare il tempo e ora non riesco a portare i miei figli a dormire. È una battaglia, come ogni sera. Chiedo a John cosa devo fare con i miei due bambini che hanno quattro e un anno. A volte sono stanca e arrabbiata, ma cerco di nasconderlo perché voglio essere una brava mamma per loro. Lui ride, con la sua risata aperta e mi dice che se sono arrabbiata i bambini se ne accorgono perché i bambini sentono al di là delle parole, percepiscono i veri sentimenti delle persone, perché leggono le emozioni nel campo energetico dei genitori. Non si può fingere con loro. Dice addirittura che i piccoli vedono l’aura e sanno interpretarne i colori: penso a mio figlio maggiore che a volte mi diceva “quel tipo là è tutto verde! Oppure “che carina la Lucia: è proprio rosa”…e vedo anche l’atteggiamento irrazionalmente chiuso oppure amorevole e sereno del mio figlio più piccolo con persone diverse.

Adesso capisco e penso che davvero i bambini abbiano molte cose da insegnarci, basta ascoltarli. John mi dice che quando sono arrabbiata, triste o magari ferita devo lasciare venire a galla le mie vere emozioni, ma non reagire contro i bambini, ma nemmeno contro il mio partner o qualsiasi persona mi venga incontro. È importante che senta le emozioni ma che mi prenda la responsabilità di non scaricarle addosso a chi non c’entra… Le emozioni spesso vengono da molto lontano, dalla nostra infanzia e sono così forti proprio perché le abbiamo represse tanto a lungo, come se fossero dentro ad una pentola a pressione: se non si lascia andare pian piano il vapore la pentola scoppia e noi facciamo una scenata, incuranti di quanti lasciamo sul campo, feriti dalla nostra esplosione. E i bambini-mi assicura John- quando vengono in contatto con gli scoppi di rabbia dei genitori si sentono attaccati in tutta la loro essenza e per proteggersi si contraggono creando una corazza di difesa intorno a loro stessi, una corazza che permette loro di non sentire le emozioni, per non dover soffrire. Purtroppo però il blocco delle emozioni agisce anche sulla gioia e sulla vitalità. È importante sentire e poi scegliere, decidere di non esplodere, magari uscire per un attimo dalla stanza, sfogare la propria frustrazione e la propria ira su un cuscino o su un materasso.

Abbiamo sempre la possibilità di scegliere-mi dice-, dipende da noi.  La volontà, come la responsabilità, sono due capisaldi dell’insegnamento di Pierrakos. Dopo secoli di educazione improntata sul senso del dovere e sulla forza di volontà negli ultimi decenni c’è stata per reazione la tendenza a togliere al singolo la responsabilità personale.

Un cardine del lavoro di Pierrakos è proprio la responsabilizzazione- la cui mancanza mi sembra uno dei problemi di base della nostra società- e la corretta interpretazione dell’Ego creativo e della volontà. Pierrakos individua anche alcuni chakra nella parte dorsale, sconosciuti al mondo orientale e li definisce chakra della volontà.

Egli dice che non c’è contrapposizione alcuna fra la volontà e le emozioni, perché l’amore, da solo, non basta: non basta credere nella forza dell’amore, sentirci pieni d’amore: l’amore va agito oltre che sentito e per agirlo dobbiamo volere.

Mi piace questa definizione che John mi da dell’amore “L’amore è una forza pulsante…è come una stufa a legna che emette continuamente radiazioni e calore. L’amore non chiede nulla, emette e penetra soltanto…Nella sua essenza l’amore è uno stato dell’essere fisico, mentale, emotivo e spirituale al tempo stesso”

Ascolto, e le sue parole entrano dentro di me e sento che tutto quello che sta dicendo è vero. Parla di filosofia, di spiritualità, delle rivelazioni ricevute medianicamente da Eva, la moglie morta da anni, rivela grandi verità con parole semplici, comprensibili e il suo atteggiamento è affettuoso, allegro, a volte perfino un po’ scanzonato. “nell’essere umano la forza dell’amore combina sentimenti, intelligenza, presenza fisica e spirito e si muove a spirale, partendo dal nucleo centrale più profondo dell’uomo: il cuore. Ma l’amore non può essere espresso senza azione, senza un atto di volontà”

Ecco una definizione dell’amore che finalmente mi soddisfa, dà una risposta a tanti perché. In fondo è così semplice: amore significa amare. E’ il1985, agosto

Per qualche anno ci ritroviamo a fine agosto in questa bella casa a picco sul mare, sospesa tra gli ulivi, sotto il cielo della Liguria, sempre ospiti di Teddy: spaghetti al pesto, vino buono, tante risate, tanta allegria e tanti discorsi. Ma John non parla soltanto: è una di quelle rare persone che sanno ascoltare, che accettano ed apprezzano l’esperienza, i pensieri, le considerazioni degli altri. Si sente che per lui ogni essere umano è una creatura divina, si percepisce che si mette in contatto con te attraverso il Core, non soltanto attraverso la mente o le parole. Non tiene lezioni, conversa; non sale in cattedra, si siede vicino a te, ti parla e ti ascolta.

È passata qualche estate e io sono molto cambiata, ho preso delle decisioni importanti per la mia vita e so che John e Teddy hanno avuto un peso davvero importante in questi cambiamenti.

E’ il 1986, agosto. Ora mi trovo seduta in cerchio con un sacco di altre persone che non conosco, in una sala nella campagna francese. La mia curiosità, la mia voglia di crescere, di scoprire e di scoprirmi mi hanno spinto ad iscrivermi a questo seminario che durerà dieci giorni. Adesso sono in preda al panico. Gli altri parlano tutti inglese e tedesco in modo fluente. Mio marito e io siamo gli unici italiani, ma solo io ho problemi di lingua. E ho una maledetta paura. Se non fossi così terrorizzata, scapperei! Anche l’entrata di John nella sala non mi tranquillizza, al contrario! Sta per iniziare e non posso più far finta di niente e scappare fuori dalla porta più vicina, che comunque è lontanissima….

Uno dopo l’altro i partecipanti si presentano: scopro di essere l’unica alla prima esperienza di un gruppo e mi accorgo che anche gli altri sono emozionati e tesi. Fra poco toccherà a me presentarmi e dire perché sono qui. Panico. In realtà non lo so più nemmeno io, ma mi sarà molto chiaro fra poco.

Sto per dire il mio nome quando sento la voce decisa di mio marito dire “ lei è Nicoletta, mia moglie, è qui con me perché…” La sala scoppia in una fragorosa risata che rompe la tensione. Rido anch’io. Ecco perché sono qui! Devo capire chi sono io, che sono una persona, non sono la figlia di…la sorella di…la moglie di…la mamma di…. Il primo nodo da sciogliere è proprio la mia dipendenza, la mia incapacità di stare in piedi da sola nonostante la mia maschera mostri una donna impegnata, con un lavoro importante, tante responsabilità, l’aria sicura di sé e realizzata…

E’ stata dura, un paio di volte ho fatto la valigia per andarmene, ho detestato Teddy che mi aveva convinto a partecipare, ho odiato mio marito che mi faceva sentire abbandonata e tradita, ho sofferto di gelosia, rabbia, ira e tristezza… ma ho anche provato, per la prima volta emozioni profonde e vere, ho sentito intorno a me e soprattutto dentro di me una carica di amore, di gioia di vivere, di libertà, di sicurezza che non avevo mai provato. Ho urlato la mia frustrazione e la mia rabbia, ma braccia affettuose e tenere mi hanno accolto, ho scoperto la solidarietà femminile, ma anche la forza e l’appoggio maschile….

E ho visto John Pierrakos al lavoro con la sua energia inesauribile, il suo intuito, la sua preparazione e il suo cuore, la sua forza e la sua allegria. E la sua presenza. Si ha la sensazione che nulla sfugga mai alla sua attenzione, si accorge di tutto, arriva dappertutto e tutti ci sentiamo perfettamente al sicuro con lui, capaci finalmente di aprire il nostro cuore. Era l’agosto 1987.

Oggi sento di avere fatto molta strada ma so anche che la strada continua e mi piace scoprire che accanto a me ci sono sempre più persone, più amici e che tutti facciamo parte di un disegno bellissimo e trascendente. Ripenso alle chiacchierate in terrazza e a quello che John dice sempre, che “gli uomini e tutto il creato sono collegati tra loro da forze che sono come i raggi del sole che si espandono dal centro dell’universo e e creano tutto ciò che esiste, inclusa la terra e tutte le creature”

Nicoletta Piardi, pubblicato su “Alpha dimensione vita”, anno 1, n 2 marzo aprile 1995